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La Pasqua a San Biagio Platani con i suoi Archi di Pane
A questa tradizione si deve la nascita delle due confraternite, Madunnara e Signurara, che con tanta passione rinnovano di anno in anno questa meravigliosa manifestazione.
Questa divisione del paese nelle due confraternite è una competizione vivacissima ed appassionante. Si conclude la notte di sabato, quando ciascuna confraternita allestisce la parte del corso che le compete.
Gli Archi di Pasqua sono ufficialmente pronti dalla mattina di Pasqua e rimangono esposti anche nelle settimane seguenti. Le grandiose costruzioni artistiche, di archi, cupole, e campanili vengono poi disposte lungo tutto il corso Umberto.
Dopo quel periodo sarà possibile visitare i pezzi della stagione attuale e di quelle precedenti al Museo degli Archi. La preparazione, che inizia qualche mese prima della Pasqua, richiede una grande quantità di materiale, tutto rigorosamente concesso dalla natura. Quelli più largamente usati sono le canne, il salice, l’asparago, l’alloro, il rosmarino, i cereali, i datteri e il pane, ognuno dei quali è ricco di un alto significato simbolico. La parte più importante è costituita dagli archi centrali, origine storica della manifestazione, sotto i quali la domenica mattina avviene l’incontro tra Gesù risorto e la Madonna.
per saperne di più vai a. siciliani festa.com
di un alto significato simbolico. La parte più importante è costituita dagli archi centrali, origine storica della manifestazione, sotto i quali la domenica mattina avviene l’incontro tra Gesù risorto e la Madonna.
Le deliziose arancine siciliane , testimonianza araba
Sono una perla della cucina siciliana e si chiamano arancine di riso. Il ripieno può essere variegato, ma tra i maggiormente conosciuti c’è quello fatto con rigaglie di pollo in umido e mozzarella.
Alcune volte il ripieno viene distinto in rosso e bianco: il primo è condito con sugo di carne, mentre il secondo con mozzarella. Di solito gli arancini di riso sono una pietanza che si serve come merenda o come colazione mattutina, ma possiamo garantirvi che queste prelibatezze della cucina regionale siciliana possono essere anche un’ottima soluzione da presentare in tavola come piatto unico.
La ricetta di quest’oggi vi farà dunque mettere le “mani in pasta” per la preparazione di un piatto che già dall’apparenza è molto speciale. Piccoli timballi di riso perlopiù di forma rotonda e fritti, sono una vera e propria goduria per il vostro palato e per quello dei vostri ospiti, soprattutto per gli amanti della buona cucina.
Dettaglio finale, ma non ultimo per importanza, con gli arancini di riso vogliamo farvi riscoprire il gusto di una pietanza antica, che nel caso della nostra ricetta viene resa ancora più appetitosa da una mozzarella super golosa: la Mozzarella Cucina Santa Lucia.
per saperne di più vai a : galbani.it
Sono una perla della cucina siciliana e si chiamano arancini di riso. Il ripieno può essere variegato, ma tra i maggiormente conosciuti c’è quello fatto con rigaglie di pollo in umido e mozzarella.
Alcune volte il ripieno viene distinto in rosso e bianco: il primo è condito con sugo di carne, mentre il secondo con mozzarella. Di solito gli arancini di riso sono una pietanza che si serve come merenda o come colazione mattutina, ma possiamo garantirvi che queste prelibatezze della cucina regionale siciliana possono essere anche un’ottima soluzione da presentare in tavola come piatto unico.La ricetta di quest’oggi vi farà dunque mettere le “mani in pasta” per la preparazione di un piatto che già dall’apparenza è molto speciale. Piccoli timballi di riso perlopiù di forma rotonda e fritti, sono una vera e propria goduria per il vostro palato e per quello dei vostri ospiti, soprattutto per gli amanti della buona cucina.
Il cannolo siciliano fra storia, leggenda e mito
La Sicilia è terra di mare, di arido sole, di storia e, naturalmente, di dolci. La pasticceria dell’isola ha prodotto nei secoli alcuni dei migliori e più conosciuti dolci dell’intero panorama italiano. Una cultura culinaria di questo tipo è sorta grazie al caso, alla storia, alla fortuna. Terra di commerci e di conquista, la Sicilia ha visto camminare sul suo suolo Saraceni, greci, romani, goti, gli angioini, gli aragonesi e i Borbone, fino all’unificazione d’Italia. Sono stati gli incontri e gli scontri fra i popoli in queste terre, lo scambio delle culture e delle tradizioni a donarci dei prodotti straordinari. Tra questi un posto d’eccezione lo ha sicuramente il Cannolo Siciliano PAT, principe e bandiera della pasticceria dell’isola e tra i dolci più conosciuti e apprezzati dai golosi d’Italia.
Una ricetta romana, rielaborata dagli arabi, forse a Caltanissetta, è passata nelle mani dei pasticceri palermitani e messinesi per giungere fino a noi con un prodotto unico.
Il Cannolo Siciliano PAT
Il cannolo è una delle specialità più conosciute di tutta la pasticceria siciliana. È composto da una cialda fritta a forma di tubo – cannolo, infatti, è il modo in cui viene chiamato in siciliano, il tubo da cui scorre l’acqua – di lunghezza variabile (di solito 15-20 centimetri) riempito con un ripieno a base di ricotta di pecora.
La Storia
Come per tutti i miti anche la storia del cannolo si perde nella leggenda. Di sicuro c’è soltanto che questo dolce ha origini antiche e veniva preparato in occasione del carnevale. Il suo nome poi deriva dalle canne di fiume: era attorno a queste che fino a pochi decenni fa si usava arrotolare la pasta per dare forma alla cialda. Il dolce, comunque, sarebbe nato a Caltanissetta da un’antica ricetta romana poi reinterpretata da pasticceri arabi. Alcuni sostengono che siano state le suore di un convento di clausura della città a preparare i primi cannoli.
per saperne di più vai a: lorenzovinci.it
La Cucina Tipica Siciliana, testimonianza delle conquiste
La sua posizione, infatti, è sempre stata strategica: clima mite, terreno fertile e mari che annunciavano una ricca pesca. I diversi popoli che vi hanno transitato hanno lasciato un’eredità culinaria e il risultato è una cucina multiculturale, che si differenzia lungo tutta l’isola.
La cucina siciliana è dunque fortemente influenzata dalle popolazioni greche, romane, arabe, normanne e così via. Si iniziò a produrre la pasta e i dolci, da quelli più basilari come le mandorle con il miele fino ad arrivare alle specialità dell’isola (cassata, cannoli, granita, sorbetto e gelati). Venne introdotta la canna da zucchero, gli agrumi, le spezie e il riso. Prese piede l’abitudine di soffriggere l’aglio nell’olio di oliva per preparare i sughi e grazie ai commerci con la Cina e l’India, furono importate le melanzane, tanto care alla cucina siciliana, e i pomodori, il cacao e il mais dalle Americhe.
La cucina tipica siciliana è quindi un vero e proprio viaggio attraverso la storia e il resto del mondo. Tutto questo ha creato una cultura culinaria molto varia e unica in tutto il mondo, con delle specialità che è possibile trovare solo in questa terra. Infatti ogni singola provincia è caratterizzata da un piatto, che difficilmente riuscirete a trovare altrove.
per saperne di più vai a: galbani.it
La Sicilia è considerata da molti una delle terre più belle del sud d’Italia. Bagnata dalla Ionio, dal Tirreno e dal Mediterraneo, quest’isola è sempre stata un’ancora di salvataggio per i navigatori.
La sua posizione, infatti, è sempre stata strategica: clima mite, terreno fertile e mari che annunciavano una ricca pesca. I diversi popoli che vi hanno transitato hanno lasciato un’eredità culinaria e il risultato è una cucina multiculturale, che si differenzia lungo tutta l’isola.
Siti Patrimonio UNESCO in Sicilia
La grandezza storica, naturale e culturale della Sicilia è testimoniata dal riconoscimento di ben 7 siti come Patrimonio dell’Umanità conferito dall’Unesco.
Il Parco Archeologico di Agrigento e la Villa Romana del Casale furono i primi siti della regione ad essere sotto la tutela Unesco. Nel 2000 fu la volta delle Isole Eolie.
L’intera area barocca del sud est invece, fu insignita del riconoscimento nel 2002 e infine Siracusa e la necropoli rupestre di Pantalica nel 2005.
La lista si è ulteriormente accresciuta di altri due siti: l’Etna, che grazie ai suoi diversi climi e habitat ha sviluppato eco-sistemici unici; ed infine il Percorso arabo-normanno che si allunga da Palermo a Cefalù, comprendendo anche la Cattedrale di Monreale.
L’UNESCO è l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura. Istituita nel 1946, negli ultimi anni ha assunto un ruolo sempre più rilevante a livello internazionale per la promozioni di nobili valori da promuovere in tutto il mondo.
Il suo obiettivo è «contribuire al mantenimento della pace e della sicurezza, favorendo, mediante l’educazione, la scienza e la cultura, la collaborazione fra nazioni, al fine di assicurare il rispetto universale della giustizia, della legge, dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali che la Carta delle Nazioni Unite riconosce a tutti i popoli, senza distinzione di razza, di sesso, di lingua o di religione».
Area Archeologica di Agrigento
L’arte, la storia e la natura hanno reso questo posto famoso dall’antichità ai giorni nostri come testimoniato dagli scrittori classici Pindaro, Polibio, Diodoro Siculo e altri, dagli storiografi del 16th e 17th secolo e artisti e viaggiatori del 18th e 19th secolo che hanno lasciato dietro di loro tesi e immagini memorabili. Basta pensare a Houel, Saint-Non, Denon, Swinbume, Brydone e su tutti Gothe, che nel suo Italienische Reise (Viaggio in Italia) dedica la maggior parte delle sue pagine alle bellezze naturali e artistiche di Agrigento.
per saperne di più vai a: visitsicily.travel.it
La Sicilia di Goethe
La Sicilia di Goethe – Parte 2: i Templi
Nella seconda parte del suo Viaggio in Sicilia, Goethe visitò il più importante patrimonio archeologico dell’isola: dal Tempio Dorico di Segesta al Parco Archeologico di Selinunte, per finire alla straordinaria Valle dei Templi di Agrigento. Prosegui il viaggio con Goethe alla scoperta delle emozioni.
Il viaggio di Goethe attraverso i luoghi più suggestivi della Sicilia continua nella zona di Calatafimi Segesta, del suo sito archeologico con il maestoso Tempio Dorico di Segesta, così descritto da Goethe nel 1787: All’estremità di una valle lunga e larga, isolato in vetta a una collina e insieme cinto da rupi, domina lontano un’ampia distesa di terra, ma solo un breve tratto di mare. Il paese d’intorno è immerso in una fertilità malinconica, tutto coltivato, eppure quasi privo di abitazioni umane.
J.W. Goethe rimase colpito dal paesaggio esotico e silenzioso che sollecitarono il suo animo poetico. Prosegue quindi il viaggio verso il Parco Archeologico di Selinunte, il più grande d’Europa, con l’Acropoli e i resti di templi di epoca ellenica.
Selinunte si trova nei pressi di Castelvetrano, dove si possono visitare interessanti monumenti rinascimentali, barocchi e la piccola Chiesa della Santissima Trinità di Delia, in stile arabo-normanno.
Seguendo le orme di Goethe proseguiamo il viaggio verso Agrigento e la Valle dei Templi, assaporando emozioni che solo questi luoghi possono dare; questa la descrizione dello scrittore tedesco:
per sapere di più vai a: travel 365.it
Nella seconda parte del suo Viaggio in Sicilia, Goethe visitò il più importante patrimonio archeologico dell’isola: dal Tempio Dorico di Segesta al Parco Archeologico di Selinunte, per finire alla straordinaria Valle dei Templi di Agrigento. Prosegui il viaggio con Goethe alla scoperta delle emozioni.
Nella seconda parte del suo Viaggio in Sicilia, Goethe visitò il più importante patrimonio archeologico dell’isola: dal Tempio Dorico di Segesta al Parco Archeologico di Selinunte, per finire alla straordinaria Valle dei Templi di Agrigento. Prosegui il viaggio con Goethe alla scoperta delle emozioni.
Il meraviglioso teatro Greco di Siracusa
Teatro Greco
Il Teatro Greco di Siracusa, tra i fianchi rocciosi del Colle Temenite, un po’ distante dal centro di Siracusa è uno dei più belli che l’antichità ci ha lasciato in eredità. La cavea è rivolta verso il mare e l’intero teatro ancora oggi dà spettacolo.
Sotto i Romani (I-V sec d. C.) l’edificio teatrale venne ulteriormente modificato per consentire l’effettuazione di alcune rappresentazioni e spettacoli tipici del mondo romano. Purtroppo le sciagurate spoliazioni effettuate nella prima metà del XVI sec., allorché sotto Carlo V si provvide a smantellare la porzione superiore della cavea e la scena per farne materiale edile da destinare alla fortificazione di Ortigia, hanno gravemente e irrimediabilmente alterato e danneggiato l’edificio nella sua identità strutturale.
Storia del Teatro Greco di Siracusa
La costruzione del Teatro di Siracusa iniziò nel lontano V secolo a.C. L’architetto era un certo Damocopos detto Myrilla (questo appellativo deriva dal fatto che nel giorno dell’inaugurazione avesse fatto spargere degli unguenti “myroi”). Da subito il teatro ebbe grande importanza per l’attività teatrale. Anche Eschilo vi rappresentò “Le Etnee”, (nel 456 a. C. circa) un’opera scritta per celebrare la rifondazione di Catania, e “I Persiani”.
Inizialmente questo teatro non aveva ancora la forma semicircolare ma era composto da tre gradinate disposte a forma di trapezio. Nel corso degli anni sono tanti gli autori che hanno citato l’antico teatro nelle loro opere a cominciare da Diodoro Siculo fino a Plutarco. Tra il 238 e il 215 a. C. il teatro venne interamente ricostruito con la sua caratteristica forma a ferro di cavallo, tipica della cultura ellenica.
La ricostruzione fu guidata da Ierone II che tenne conto della forma del vicino colle e fece in modo di sfruttarne al massimo l’acustica. Una delle caratteristiche dei teatri greci è quella di offrire un eccezionale panorama e quello di Siracusa non è da meno offrendo una gradevole vista sul Porto della città e sull’Isola di Ortigia, parte più antica di Siracusa.
per saperne di più vai a: www.esplorasicilia.com
Mandorlo in fiore
La festa viene chiusa da un colorato spettacolo ai piedi del tempio della Concordia, davanti al tempio di Ercole, invece, si può assistere alla cerimonia di assegnazione del Tempio d’Oro, premio molto ambito e assegnato da una giuria internazionale ai migliori gruppi folcloristici.
Per saperne di più vai a : www. siciliainfesta.com dizione della , 63° Festival Internazionale del Folklore, 16° Festival Internazionale I Bambini del Mondo e 15° Corteo Storico d’Italia ad La Festa del Mandorlo in Fiore è un grande festival che propone per le vie cittadine, la fiaccolata serale del folklore, spettacoli di musica folk e tante La città di Agrigento e la meravigliosa Valle dei Templi fanno da cornice agli eventi insieme ai mandorli fioriti.
La manifestazione comincia con un bel giro, al tramonto, nella Valle dei Templi e prosegue condavanti al L’avvenimento più importante della sagra si svolge durante la chiusura, quando i gruppi folkloristici sfilano con i carretti siciliani e le bande musicali dalla città alla Valle dei Templi.
Riserva naturale integrale Macalube di Aragona
La riserva naturale integrale Macalube di Aragona è una riserva naturale regionale della Sicilia, situata 4 km a SO di Aragona e 15 km a N di Agrigento, che comprende una vasto territorio argilloso caratterizzato dalla presenza di fenomeni eruttivi.
Il nome Macalube (o, secondo alcune versioni, Maccalube) deriva dall’arabo maqlùb che significa letteralmente “ribaltamento”. Dopo le morti nel 2015, il territorio di vulcani di fango è chiusa al pubblico.
L’Occhiu di Macalubi (appellativo locale della zona) ha da sempre esercitato un grosso fascino sulla popolazione locale e sui viaggiatori stranieri.
Le più antiche descrizioni dell’area si debbono a Platone, Aristotele, Diodoro Siculo e Plinio il Vecchio. In epoca romana il fango sgorgante dal terreno veniva utilizzato per cure reumatiche e trattamenti di bellezza.
Nel corso dei secoli il luogo ha ispirato numerose leggende: secondo una di queste, i fenomeni eruttivi dell’area sarebbero iniziati nel 1087, a seguito di una sanguinosa battaglia tra Arabi e Normanni: il liquido grigiastro sospinto dall’attività eruttiva fu così ribattezzato sangu di li Saracini (sangue dei Saraceni).
Un’altra leggenda vuole che un tempo nell’area sorgesse una città, e che un giorno, a causa di un’offesa fatta alla divinità locale, la città fosse stata sprofondata nelle viscere della terra.
Guy De Maupassant, giunto nel sito nel 1885 durante una tappa di uno dei suoi viaggi, descrisse i vulcanelli di fango come “pustole di una terribile malattia della natura”
Se vuoi saperne di più vai a: it.wikipedia.org
Nel corso dei secoli il luogo ha ispirato numerose leggende: secondo una di queste, i fenomeni eruttivi dell’area sarebbero iniziati nel 1087, a seguito di una sanguinosa battaglia tra Arabi e Normanni: il liquido grigiastro sospinto dall’attività eruttiva fu così ribattezzato sangu di li Saracini (sangue dei Saraceni).[3]
Un’altra leggenda vuole che un tempo nell’area sorgesse una città, e che un giorno, a causa di un’offesa fatta alla divinità locale, la città fosse stata sprofondata nelle viscere della terra[senza fonte].
Guy De Maupassant, giunto nel sito nel 1885 durante una tappa di uno dei suoi viaggi, descrisse i vulcanelli di fango come “pustole di una terribile malattia della natura”
Amico di Caravaggio a Siracusa
Don Vincenzo Mirabella Alagona, caro amico di Caravaggio.
Architetto ed erudito nato a Siracusa nel 1570. All’epoca dell’incontro con Caravaggio aveva in preparazione la prima grande opera sulle antichità di Siracusa, per la quale sarebbe stato riconosciuto come il padre dell’archeologia aretusea, ed una storia universale di Siracusa destinata a rimanere inedita e perduta. Orfano a soli tre anni e rimasto poco più tardi unico figlio, il piccolo Vincenzo era stato indirizzato dalla madre donna Giovanna Alagona, oltre che allo studio della musica e della matematica, anche a quello dei classici greci e latini.
Così il cavaliere Mirabella, assieme ai più moderni volumi di Arezzo, Fazello e Maurolico, che costituivano l’indispensabile corredo per uno storico siciliano, conosceva Polibio, Strabone, Livio, Diodoro, Teocrito, Aristotile, Pindaro, aveva studiato le Guerre di Morea, e la Vita di Nicia, di Marcello e di Dione ed ogni altro classico che non fosse rimasto inedito. Si accingeva quindi a pubblicare un testo voluminoso a corredo di nove tavole nelle quali era scomposta una planimetria dell’antica metropoli con l’indicazione dei luoghi principali. L’opera avrebbe contenuto anche le biografie di Archimede, Teocrito, Epicarpo, e Tesia e inoltre la descrizione e le illustrazioni di alcune monete rinvenute nella città aretusea.
Nel volume don Vincenzo Mirabella avrebbe riferito della visita alle antichità siracusane durante la quale Caravaggio aveva pronunciato una celebre frase attribuendo ad una antica latomia il nome di Orecchio di Dionisio con il quale è tuttora conosciuta, confermando così la sua avidità di conoscenza e l’acuto senso di osservazione. Mirabella morì a Modica nel 1624.
per saperne di più vai a : caravaggioinsicilia.it
Don Vincenzo Mirabella Alagona, caro amico di Caravaggio.Don Vincenzo Mirabella Alagona, caro amico di Caravaggio. erudito natoa Siracusa nel 1570. All’epoca dell’incontro con Caravaggio aveva in preparazione la prima grande opera sulle antichità di Siracusa, p